Il Rent to buy è stato introdotto con la circolare n. 4/E pubblicata dall’Agenzia delle Entrate. Questa si preoccupa anche di fare chiarezza sulla disciplina fiscale da applicare, ovvero lo strumento normativo definito dal decreto Sblocca Italia che permette di prendere in affitto un immobile con l’opzione di acquistarlo dopo un certo periodo di tempo. Come anticipato qualche settimana fa dal vicedirettore generale Eduardo Ursilli, l’Agenzia con la circolare 4/E di oggi 19 febbraio completa il quadro disegnato dal decreto che – nel definire gli elementi del nuovo schema contrattuale – non aveva di proposito individuato la disciplina fiscale da applicare.
APPROFONDIMENTI
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Tasse variabili a seconda della finalità delle quote di canone
La nuova disciplina del rent to buy configura un negozio giuridico complesso caratterizzato: dal godimento dell’immobile, per i periodi precedenti l’esercizio del diritto di acquisto; dall’imputazione di una quota del canone a corrispettivo della successiva compravendita; dall’esercizio (o eventuale mancato esercizio) del diritto di acquisto dell’immobile. Il nodo principale riguarda dunque il trattamento fiscale del canone, diversificato a seconda che sia destinato al godimento dell’immobile (affitto) o come acconto prezzo (acquisto).
Sul primo punto, «per la quota di canone imputata al godimento dell’immobile trovano applicazione le disposizioni previste, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i contratti di locazione». Sul secondo punto, per la quota di canone versata come anticipazione del corrispettivo pattuito per il trasferimento (vendita dell’immobile), si applicherà invece la normativa fiscale prevista per gli acconti-prezzo.
Imponibilità Iva (in base alla scelta dell’impresa) e riflessi sui pagamenti
I canoni versati per il godimento rientrano tra le operazioni esenti da Iva. A meno che il concedente-proprietario sia un’impresa di costruzione o di ripristino e opti per il regime di imponibilità Iva. L’opzione – chiarisce l’Agenzia – «va sempre esercitata nello stesso contratto di godimento di cui all’articolo 23 in esame».
Il regime di esenzione si applica anche ai canoni versati per la locazione di fabbricati strumentali, con la possibilità di optare per l’imponibilità da parte di tutti i soggetti passivi e non solo per le imprese di costruzione e di ripristino.
Quando l’operazione è imponibile ai fini dell’Iva, le aliquote applicabili alla quota di canone pagata come acconto-prezzo sono quelle vigenti al momento dell’accordo. E dunque: aliquota ridotta del 4% se il futuro acquirente dichiara di poter beneficiare dei requisiti “prima casa” e se si tratta di case classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9» (case di lusso); aliquota ridotta del 10%, invece, «se si tratta di case di abitazione che hanno la medesima classificazione catastale di quelle che possono fruire dell’agevolazione “prima casa”; aliquota del 22% per gli immobili classificabili nella categorie catastali A/1, A/8 e A/9 e per gli immobili strumentali».
Riguardo l’imposta di registro, per i fabbricati abitativi, la misura è determinata in base al regime Iva applicabile. Se il contratto è esente da Iva, alla quota di canone corrisposta quale acconto-pezzo si applica l’imposta di registro proporzionale del 2%. Se il contratto è imponibile Iva, l’imposta è invece in misura fissa (67 euro se il contratto è stipulato per scrittura privata, 200 euro se formato per scrittura privata autenticata o è redatto in forma pubblica).
Per gli immobili strumentali, in deroga al principio di alternatività Iva/Registro, l’imposta di registro è applicata in misura proporzionale (1%), indipendentemente dal regime Iva di imponibilità o di esenzione. «La base imponibile è data dall’ammontare complessivo della quota dei canoni imputabile al godimento dell’immobile, per l’intera durata dello stesso». L’imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto oppure sull’ammontare del canone relativo a ciascun anno.
Per gli acconti-prezzo soggetti a Iva, l’imposta di registro è dovuta nella misura fissa di 200 euro.
Vendita: imposte dirette, Iva e registro
Al momento della cessione, per le imprese la tassazione sarà sulla «differenza tra il prezzo di cessione, al lordo degli acconti, e il costo fiscale dell’immobile». Ai fini Iva, invece, «la base imponibile su cui applicare l’imposta sarà data dal prezzo della cessione al netto dei soli acconti sulla vendita pagati fino a quel momento dal nuovo proprietario, cioè dall’ex affittuario, esclusi quindi quelli versati per il mero godimento dell’immobile».
Riguardo alle imposte di registro, ipotecaria e catastale, ai trasferimenti dei fabbricati strumentali rilevanti ai fini Iva (in regime di esenzione o imponibilità) si applica l’imposta di registro fissa di 200 euro e le imposte ipotecaria e catastale in misura rispettivamente pari all’1% e al 3%.
Per i fabbricati abitativi in esenzione Iva l’imposta di registro è dovuta nella misura proporzionale del 9% o del 2%, con un minimo mille euro; mentre le imposte ipotecaria e catastale sono in misura fissa pari a 50 euro ciascuna. Se, invece, il trasferimento del fabbricato abitativo è imponibile Iva, l’imposta di registro è fissa (200 euro) così come le imposte ipotecaria e catastale (sempre di 200 euro ciascuna).
Il rent to buy tra privati
Se il venditore è un soggetto Irpef, sulla quota percepita come affitto si applica la disciplina fiscale dei redditi fondiari: i canoni vanno cioè normalmente a formare il reddito complessivo dei “proprietari”. Mentre l’imposta di registro, proporzionale, è pari al 2%, sia per gli immobili strumentali che abitativi. Si può comunque optare per la cedolare secca.
Quanto al corrispettivo dell’eventuale trasferimento dell’immobile, questo viene tassato come «una plusvalenza realizzata mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili, se la cessione interviene entro cinque anni dall’acquisto», come di solito nel regime di compravendite tra privati. Le quote di canone incassate come acconto-prezzo saranno dunque assoggettate alla disciplina dei redditi diversi e diventeranno imponibili al momento della cessione effettiva dell’immobile. Per le cessioni fuori campo Iva, prima casa e altro, l’imposta di registro sarà del 2% nel primo caso e del 9% nel secondo, mentre quella ipotecaria e catastale saranno versate in misura fissa di 50 euro in entrambi i casi.
E se l’affare non va in porto?
Se il conduttore non esercita il diritto di acquisto, per il concedente in regime di impresa non emerge alcun ricavo o plusvalenza rilevante nella determinazione del reddito. Tranne la sola quota dei canoni (acconto) che si è pattuito fosse trattenuta. Lo stesso avviene in caso di risoluzione per inadempimento del conduttore.
Nei contratti tra privati, per il proprietario, la parte di acconto eventualmente trattenuta per il mancato esercizio dell’opzione da parte del conduttore costituirà un reddito diverso. Che in sostanza remunera per il diritto di acquisto concesso in sede di stipula del contratto. E reddito diverso sarà anche la quota trattenuta a titolo di indennità nel caso di inadempimento del conduttore.
Si tratti di mancato esercizio del diritto di acquisto o di inadempimento del conduttore, comunque «non si dà luogo alla restituzione dell’imposta di registro corrisposta nella misura del 3 per cento, applicata in relazione alla quota di canone assimilata ad acconti prezzo». Anche quando il concedente – perché così pattuito – restituisce tali somme al conduttore.