Il successo della mostra “Body Worlds”, ideata dal medico-artista Gunther von Hagens, già visitata nel mondo da oltre 33 milioni di persone (e da venerdì finalmente a Roma), una mostra di corpi umani “plasticizzati” che fa capire come funziona tutto quello che c’è sotto la nostra pelle, indica la grandissima curiosità per i segreti di un organismo che siamo abituati a vedere solo dall’esterno.
Ieri, in realtà, il privilegio era doppio: da una parte si potevano vedere i grattacieli dall’interno, con le loro “vene” scoperte (come le tubature e le infrastrutture per aria condizionata e riscaldamento) e le loro ossa in via di rafforzamento. E dall’altra s’è potuto assistere alla crescita di uno di quei grattacieli in tempo reale, perché il tocco finale alla torre di Cesar Pelli – che diventerà la sede di Unicredit – è lo Spire, una struttura a forma di guglia che, con i suoi 78 metri, ha “perfezionato” la torre portandola a 230 metri e facendone l’edificio più alto d’Italia (ma la Regione Lombardia ha avvertito il bisogno di dire che il primato resta suo, perché lo Spire «è solo un’antenna»).
«Il completamento in altezza della torre di Pelli è un momento simbolico molto importante per Porta Nuova e per Milano – ha detto Manfredi Catella, amministratore delegato di Hines, developer del progetto –. Ma è importante anche per l’Italia: il fatto che questo avveniristico percorso di nuova edilizia urbana vada avanti, con i contributi dei più grandi progettisti del mondo e sotto gli occhi dell’intera comunità internazionale di architetti, deve farci capire quante risorse ha il nostro Paese e come, anche in momenti difficili, si possa trovare l’orgoglio di fare bene e con passione il proprio lavoro». Catella ha poi aggiunto una nota molto personale: l’idea di Porta Nuova fu infatti del padre Riccardo, scomparso sei anni fa, che già nel 2001 aveva iniziato a coinvolgere progettisti e finanziatori intorno a quella che sembrava un’idea fin troppo ambiziosa per Milano da anni, di fatto, immobile dal punto di vista urbanistico.
La spettacolare posa della guglia da parte di un elicottero che sembrava uscito dal film Transformers è durata pochi minuti: l’apparecchio, lungo 13 metri, è guidato da un pilota con oltre 30mila ore di volo alle spalle, che ha fatto modificare il suo “volatile” per potersi muovere all’interno dell’abitacolo tenendo la cloche ma sporgendosi allo stesso tempo per controllare con i suoi occhi ciò che accade sotto di lui. «Si fida più dell’esperienza e dei ragazzi che lavorano con lui che dei computer», ha spiegato Claudio Saibene, construction manager di Hines per Porta Nuova-Garibaldi. In fondo, anche questo è un segnale di ottimismo, in particolare nell’attuale fase storica di crescente rassegnazione: sono sempre le persone – non le macchine – a fare la differenza.
Articolo tratto da Il Sole 24 Ore del 16 ottobre 2011
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