Come funziona il rent to buy? Esiste un solo contratto di rent to buy o sono possibili più formule? Alla fine del periodo di affitto sono costretto a comprare? A cosa fare attenzione nella stesura del contratto? Se una delle parti è inadempiente, cosa succede? Chi paga le tasse? Sono molti i dubbi che sorgono quando si sente parlare di rent to buy o affitto con riscatto, cioè della possibilità di acquistare un immobile dopo un periodo di locazione. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su quelli più importanti.
1. Che cosa è il rent to buy
Il rent to buy o affitto con riscatto è uno strumento contrattuale che permette di stipulare un contratto d’affitto che poi si potrà trasformare in una compravendita. Quest’ultima non è infatti obbligatoria, ma costituisce solamente un’opzione legata alla locazione. In sostanza la formula contrattuale si compone di due parti: un contratto di affitto e un preliminare di futura vendita da effettuarsi in un determinato tempo (che in genere è di 3-5 anni, ma che è tutelato dalla legge fino a 10).
Per accedere a questa possibilità c’è però un prezzo da pagare: la quota versata mensilmente sarà infatti superiore a un normale canone di locazione; una parte costituisce l’affitto, l’altra andrà a comporre un acconto sul prezzo finale dell’immobile.
2. Un esempio pratico di affitto con riscatto
Le condizioni dei singoli contratti – pur all’interno di un quadro normativo che tutela le parti, a cui accenneremo più avanti – possono prevedere proporzioni diverse tra canone e “acconto-prezzo” e casistiche particolari a cui occorre fare attenzione al momento della stipula.
Volendo fare un esempio arbitrario, si potrebbe ipotizzare che per una casa del costo di 150mila euro le parti concordino un corrispettivo mensile di 1.000 euro; a fronte di un canone di locazione di mercato di, poniamo, circa 700. Una parte di questo corrispettivo, ad esempio 500 euro, viene dato per il godimento del bene, come se fosse un normale affitto (e quindi in un certo senso “si perde” rispetto ad un acquisto “tradizionale” dove si inizia subito a pagare). I restanti 500 euro vanno invece come pagamento della casa. Se l’opzione di acquisto viene stabilita dopo 5 anni, quindi, 30mila euro (500 euro x 12 mesi x 5 anni) saranno stati già pagati e se ne dovranno corrispondere altri 120mila (naturalmente anche finanziabili con un mutuo).
3. Nessun obbligo di acquisto, ma occhio alle condizioni dell’accordo
La prima cosa a cui stare attenti se si è interessati al rent to buy è verificare che non sia previsto un obbligo di acquisto. Non sono illegali formule di questo tipo, ma non è quello che si intende correntemente con affitto con riscatto, né quello che prevede la normativa di riferimento.
Oltre a questo, occorre fare attenzione nel valutare bene il punto di equilibrio tra quanto “affitto” e quanto “prezzo” si va a pagare. Ovviamente più è alto l’affitto più è tutelato il venditore, ma allo stesso tempo l’operazione è meno conveniente per chi compra. Questo infatti potrebbe stipulare un normale contratto di locazione e accantonare la quota che dovrebbe dare in acconto-prezzo, per poi utilizzarla a distanza di qualche anno per la compravendita di qualsiasi immobile, senza nessun impegno preliminare. Se non si esercita l’opzione d’acquisto si rischia infatti di perdere la quota data come acconto sul prezzo. Ma può anche succedere che – come in alcuni casi di mercato già sperimentati – il venditore, per velocizzare l’affare, stabilisca che se il rogito avviene entro un termine ravvicinato (ad esempio entro due-tre anni) la quota che va a ridurre il prezzo sia la totalità del versato o comunque una quota tanto maggiore tanto minore è il tempo trascorso dall’inizio dell’accordo.
4. Il mercato: una nicchia in crescita
L’attenzione verso il rent to buy è in continua crescita da almeno un paio d’anni. Ma rimane ancora una nicchia in un mercato in crisi. Se è vero che secondo le elaborazioni effettuate da idealista.it per Casa24 Plus a fine 2014 l’offerta di case in rent to buy è più che triplicata negli ultimi due anni, è anche vero che si tratta in assoluto di numeri piccoli, circa 1.800 annunci, che rappresentano meno dell’1% dell’offerta del portale. Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna sono le regioni pilota; anche se crescono Toscana e Lazio. In media si tratta di appartamenti di 90 mq, con un prezzo richiesto di 170mila euro. Secondo l’ufficio studi di Immobiliare.it, il 64% degli annunci di rent to buy si riferisce ad abitazioni nuove o in pronta consegna; il 28% a quelle appena ristrutturate e quindi comparabili al nuovo. La rete Rent to Buy Consulting dichiara di aver concluso oltre un centinaio di contratti (diversi già a rogito).
5. La spinta e i paletti dello Sblocca-Italia
Un freno alla crescita dei contratti negli ultimi anni è consistito nell’assenza di una normativa dedicata, che ha generato diffidenza e incertezza sul mercato: diverse combinazioni di fattispecie normative davano origine infatti a diversi tipi di contratto, a torto accomunati sotto la dicitura di rent to buy.
Solo lo scorso autunno, all’interno del decreto Sblocca Italia, è stato fornito un inquadramento normativo univoco. In particolare, il decreto 133/14 convertito nella legge 164/2014 disciplina i “contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata”.
6. Le tutele per chi acquista
La garanzia maggiore consiste nella tutela del compratore per 10 anni. Viene infatti prevista la possibilità di trascrivere il contratto nei registri immobiliari, mettendo al sicuro il futuro acquirente da qualsiasi eventuale “inconveniente” prima cioè dell’acquisto: si pensi all’iscrizione di una ipoteca sull’immobile o a un pignoramento. La trascrizione è una sorta di prenotazione sul bene, che lo protegge fino a 10 anni, contro i tre previsti per i normali preliminari di compravendita (il cosiddetto compromesso). Tra le altre tutele previste c’è l’impossibilità di dare in rent to buy abitazioni in corso di costruzione che siano ipotecate, a meno di frazionare l’ipoteca e accollare al conduttore una quota del mutuo del costruttore.
Cominciano a diffondersi anche alcuni contratti tipo, come ad esempio quello presentato dal Notariato la settimana scorsa o quello di Confedilizia
7. ll rent to buy conviene se il mutuo non si trova o non basta
Il rent to buy è un’opportunità di acquisto alternativa alle forme tradizionali, che un giusto equilibrio tra affitto e acconto prezzo può rendere allettante. Ma considerarlo un modo per “provare la casa” prima di acquistarla può essere fuorviante: se si dovesse cambiare idea si andrebbero a perdere i soldi versati come acconto per la vendita. Ma in alcune situazioni il rent to buy può essere la soluzione ideale. Ad esempio chi non ha un capitale iniziale per l’acquisto da affiancare al mutuo, può accumularlo proprio grazie al meccanismo del rent to buy. Che è adatto anche a chi conta di stabilizzare la propria situazione lavorativa in pochi anni. Alcune formule prevedono un’analisi reddituale e patrimoniale del potenziale acquirente con relativo piano finanziario per valutare la sostenibilità dell’acquisto e programmare anche l’accensione del mutuo con istituti bancari “convenzionati”.
8. Qual è il vantaggio di vendere con questa formula?
Il rent to buy si è diffuso in un momento di mercato in cui c’è moltissimo invenduto sul mercato. E’ utilizzato soprattutto dai costruttori che hanno una strada in più per non lasciare l’immobile inutilizzato e per trovare più facilmente compratori. Occorre però fare attenzione agli annunci che si rivelano poi solo “specchietti per allodole”, nascondendo altre tipologie contrattuali. Il rischio per chi vende è di trovarsi l’immobile occupato dal conduttore divenuto inadempiente e di dover fare ricorso al giudice per liberare il bene e venderlo ad altri.
9. Cosa succede se una delle due parti non rispetta l’accordo
Nell’accordo deve essere previsto cosa succede in caso di inadempimento. In caso di inadempimento del conduttore (affittuario-acquirente), il proprietario ha diritto alla restituzione dell’immobile e, se il contratto non prevede diversamente, di acquisire per intero i canoni versati. Nel caso invece sia il proprietario a rendersi inadempiente, il conduttore ha diritto almeno alla restituzione della parte dei canoni imputata a prezzo, più gli interessi legali.
Secondo quanto stabilito dallo Sblocca Italia, il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, pari a un ventesimo del totale. Le parti sono però libere di fissare l’asticella più in alto, così come possono decidere la durata, la quota di canone imputabile al prezzo, diritti di recesso, clausole penali, la cedibilità del contratto, eccetera.
10. La fiscalità: niente Imu fino al rogito
Bisogna distinguere “se chi concede il godimento in vista della futura vendita – precisa il Notariato – è un privato o un’impresa, e bisogna distinguere anche tra imposte dirette (a carico del proprietario/venditore) ed indirette (a carico del conduttore/acquirente)”. Le imposte legate al possesso dell’immobile (Imu e Tasi, almeno in larga parte) sono a carico del proprietario, come in qualsiasi contratto di affitto. Le spese di trascrizione del contratto nei registri immobiliari sono, invece, a carico dell’acquirente, come le spese ed imposte dovute per l’atto di compravendita dell’immobile. Ma se alcuni principi di fondo sono chiari, su altri si attende a breve un pronunciamento dell’Agenzia delle Entrate: restano ad esempio da chiarire gli aspetti relativi a Iva, imposte dirette e di registro in alcuni casi particolari.
Fonte: ilsole24ore.com