Sono ancora molti i “compromessi” – termine comunemente ma impropriamente utilizzato al posto di preliminare di compravendita – scritti e firmati bonariamente tra privati senza l’aiuto di un mediatore o di un notaio. E al posto di registrazione (che è invece obbligatoria) e trascrizione, una franca stretta di mano, così si “risparmiano” anche le tasse. «È in questi casi, ancora numerosi – sottolinea Gabriele Noto, consigliere nazionale del Notariato – che riscontriamo il maggior numero di problemi a concludere la compravendita; nei casi migliori con un allungamento dei tempi; nei peggiori con il ricorso al giudice».
Per evitare “brutte sorprese”, soprattutto nei casi in cui si impegnano somme significative a titolo di caparra o acconto, è bene curare la stesura dell’accordo nei minimi dettagli, procedendo alle verifiche più importanti che possano escludere i vizi più gravi come l’assenza di irregolarità edilizie, di ipoteche o di altri gravami sull’immobile anche in relazioni alla materia condominiale.
Inoltre, nonostante la firma del preliminare, «il venditore – come si legge su una guida curata da Notariato e 12 associazioni dei consumatori – potrebbe vendere l’immobile ad altre persone o costituire su di esso diritti reali di godimento (ad esempio un usufrutto) o iscrivere ipoteche sull’immobile. In questo caso, non si può chiedere al giudice di invalidare la vendita (…) ma si potrà solo chiedere il risarcimento danni». Inoltre l’immobile potrebbe essere soggetto a pignoramenti, sequestri, ipoteche ecc. Il “rimedio”, consigliabile soprattutto quando passa molto tempo tra preliminare e rogito, è la trascrizione, possibile solo da parte del notaio: questa assicura un “effetto prenotativo” sull’atto finale. In sostanza è come «se l’atto definitivo fosse stato trascritto nel momento in cui è stato trascritto il preliminare». In questo modo vengono neutralizzati tutti gli “inconvenienti” a cui si è accennato. Inoltre se si incarica il notaio di compilare il preliminare, questi procederà a tutte le verifiche che dovrebbe fare comunque prima del rogito, mettendo l’acquirente al sicuro non solo su quello che potrebbe succedere all’immobile tra il compromesso e l’atto finale, ma anche sul pregresso. Tutto questo aumenta del 20-30% la parcella finale del notaio: all’acquirente valutare se questo costo vale la tranquillità e la sicurezza che ne deriva.
«In questi casi – commenta Noto – le complicazioni possono sorgere quasi esclusivamente sulla mancanza di qualità della cosa». Si pensi ad esempio ai casi in cui solo successivamente al compromesso l’acquirente si accorga di difetti della casa: il venditore potrebbe dire che l’acquirente ne era già a conoscenza, complicando il perfezionamento dell’affare. «Qui è fondamentale – continua Noto – il ruolo del mediatore immobiliare, che conosce direttamente la casa in vendita e le posizioni originarie delle parti».
Se invece ci si rivolge al notaio dopo il compromesso e questo scopre irregolarità evidenti, ci si potrebbe ritrovare costretti a ricorerre davanti al giudice per veder riconosciuto il proprio diritto a non procedere all’acquisto e restituiti i propri soldi (da versare sempre con assegni non trasferibili). Allo stesso modo, se una parte si rifiuta di stipulare il contratto senza giustificato motivo, l’ordinamento riconosce all’altra parte di poter far valere i propri diritti. Questa infatti potrà chiedere al giudice o una sentenza sostitutiva del rogito (esecuzione in forma specifica) e quindi l’obbligo per venditore di cedere il bene o per il compratore di acquistarlo oppure la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno. Se nel preliminare è prevista una caparra confirmatoria, la parte ”non inadempiente” potrà richiedere il recesso dal contratto trattenendola (venditore) o esigendone il doppio (acquirente); se ci si avvale della caparra non si potrà agire però per ottenere il risarcimento dei maggiori danni.
Articolo tratto da Il Sole24Ore del 17 novembre 2011