Passo fondamentale prima di comprare un’abitazione è accertarsi dei requisiti del venditore, in particolare può succedere che questo sia incappato in qualche irregolarità se ha fruito delle agevolazioni «prima casa».
Ad esempio – come nel caso che ci ha segnalato la nostra lettrice , cosa succede se il venditore decade dai benefici di cui ha goduto, perché ad esempio cede la sua «prima casa» entro cinque anni dall’acquisto e non ha intenzione di ricomprarne un’altra nei dodici mesi successivi (da usare come abitazione principale)? E comunque chi garantisce al venditore che il riacquisto accadrà poi realmente? E se il venditore ha “dimenticato” di trasferire la residenza entro diciotto mesi dall’atto d’acquisto?
In questi casi, il Fisco è autorizzato a chiedere la differenza tra l’imposta agevolata e quella ordinaria, più una sanzione pari al 30 per cento. Il problema è che anche il compratore potrebbe essere coinvolto dall’eventuale accertamento.
Come tutelarsi
«Il privilegio fiscale – spiega il notaio Giovanni Rizzi – è oggettivo e non soggettivo: lo Stato può cioè rivalersi sull’immobile e non sul venditore. Se questi si rende irreperibile, ipotizziamo, finisce che a pagare per le irregolarità resti solo l’acquirente». In queste situazioni, per tutelarsi, al momento del rogito l’acquirente può chiedere al notaio di detrarre dal prezzo di acquisto l’eventuale importo da pagare per la perdita dei benefici, lasciarlo in deposito e svincolarlo solo quando il venditore avrà dimostrato di essersi messo in regola. O nel caso arrivino i controlli da parte degli uffici finanziari.
«In teoria – continua il notaio Rizzi – se fossi l’acquirente chiederei al venditore di denunciare al Fisco la situazione». La cosa più corretta sarebbe dunque chiedergli di pagare l’imposta ordinaria e la relativa sanzione.
Il ravvedimento
Tra l’altro, una recente risoluzione dell’agenzia delle Entrate (la 105/E del 31 ottobre 2011, ndr) ha aggiunto che chi ha comprato una «prima casa» prendendo l’impegno di trasferire in quel comune la propria residenza entro diciotto mesi dal rogito, se non l’ha ancora assolto e il termine non è ancora trascorso, può chiedere al Fisco di rinunciare all’agevolazione e così pagare la differenza di imposta (con gli interessi) ma non la sanzione del 30 per cento. Se invece la scadenza del diciottesimo mese è già passata (e non è iniziata la procedura di accertamento da parte dell’ufficio, che può arrivare entro tre anni da quella scadenza) è comunque concesso di ricorrere al ravvedimento operoso e versare sì la sanzione, però ridotta.
In generale, questa possibilità prevista dalle Entrate torna utile a chi, comprato un immobile con i benefici «prima casa» senza aver trasferito la residenza entro diciotto mesi, vuole acquistare un’altra abitazione con le agevolazioni – magari in un altro comune – per un valore superiore a quello del primo acquisto. Potrebbe infatti risultar conveniente versare la differenza d’imposta (e gli interessi) per il primo acquisto, e poi godere dell’imposta agevolata sul secondo.
Lo stesso percorso potrebbe giovare anche a chi, ottenuta l’agevolazione in sede di rogito, si accorge in seguito di non poter rispettare l’obbligo di trasferire la residenza nel comune dov’è situata la casa: perché, ad esempio, è costretto a trasferirsi per lavoro. Sanare il “difetto” metterebbe al riparo da eventuali rivalse del Fisco sull‘immobile e quindi anche – in caso di rivendita – sul suo successivo proprietario.
Le circostanze illustrate dalla risoluzione 105/E dell’agenzia sono le uniche in cui è possibile la rinuncia all’agevolazione. Rinuncia che invece non è concessa a chi ha fruito del beneficio fiscale in presenza di tutti i requisiti, cioè quando «il rapporto giuridico tributario» si ritiene perfezionato. Non si torna indietro, insomma, eccetto che nei casi illustrati.
Fonte : IL SOLE 24ORE del 24 novembre 2011