Le rateizzazioni dei versamenti Imu varate nei ritocchi parlamentari rischiano di avere un effetto più mediatico che reale, soprattutto nei molti Comuni che fra incertezze di gettito e tagli ai bilanci stanno decidendo di spingere le aliquote verso l’alto.
Dopo il restyling avvenuto in commissione Finanze alla Camera, il calendario dei versamenti si biforca: per l’abitazione principale, i contribuenti potranno scegliere di versare l’imposta in tre rate, due di acconto (18 giugno e 17 settembre) e una di saldo (17 dicembre), mentre i titolari di altri immobili devono fare i conti con la scansione più tradizionale che prevede due appuntamenti alla cassa (giugno e dicembre).
Gli acconti, in tutti i casi, si calcolano però con le aliquote standard di riferimento fissate dalla legge nazionale (4 per mille per l’abitazione principale, 7,6 per gli altri immobili tranne il 2 per mille previsto per i fabbricati strumentali all’attività agricola): le scelte locali entreranno in campo solo al momento del saldo.
La prova pratica di questo meccanismo, però, rivela più di un limite. Prima di tutto, la scansione in tre rate è stata limitata all’abitazione principale, anche per evitare eccessive tensioni di cassa nei Comuni (che comunque sono tornati ieri a denunciare il «pasticcio» e a chiedere un incontro urgente al Governo), con il risultato però di escludere dal “beneficio” tutti i versamenti più pesanti, che si concentrano su seconde case, negozi e imprese. Anche nell’abitazione principale, comunque, l’obiettivo di evitare versamenti troppo pesanti dilazionando i versamenti è centrato solo nei casi in cui i Comuni scelgano di non allontanarsi dall’aliquota di riferimento del 4 per mille. Dovrebbe succedere così, per esempio, a Milano, dove di conseguenza ognuno dei tre passaggi alla cassa chiederà al contribuente il 33% dell’imposta totale da pagare nel 2012.
Articolo tratto da “Il Sole 24Ore ” del 19 Aprile 2012
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